Con gli occhi di chi resta
Autore: Valentina Leonardi
Martedì 10 febbraio 2018
È da venti giorni che mi trovo in ospedale, il tempo sembra non passare mai ed il bianco di queste pareti mi sta soffocando. I bambini che sono in questo reparto sembrano ignari della loro malattia, giocano, ridono, senza preoccuparsi degli sguardi tristi e sconsolati dei genitori. Oncologia pediatrica non è proprio il posto ideale dove veder giocare un figlio, eppure siamo qui, non so se è una punizione o un caso, ma siamo tutti legati da un filo invisibile che si chiama “tumore”. Un anno fa ero spensierato, allegro e la mia unica preoccupazione era ricevere abbastanza likes per un selfie, oggi invece spero solo di non stare troppo male e di poter tornare nella mia cameretta. Sembra una cosa così scontata poter dormire nel proprio letto e sentire quell’inconfondibile odore di casa, il valore delle cose che si hanno lo si capisce solo quando si perdono.
La prima volta che sentii il nome della mia malattia non avevo capito bene cosa mi sarebbe successo, il dottore disse ai miei genitori solo “mi dispiace, faremo il possibile”. Ma in cosa consiste “il possibile”? Forse può togliermi la paura e la rabbia? Non sanno nulla di quello che mi sto perdendo.
“Leucemia mieloide cronica”. Il nome non rende giustizia per tale condanna. I dottori sono evasivi con me, credono che facendo così potrei non pensarci e vivere meglio gli ultimi momenti, ma questo lo chiamano “vivere”? Io lo definirei aspettare.
Il tempo non passa mai in un reparto, così per la maggior parte del tempo scrivo questo diario e viaggio con la fantasia, perché l’unica cosa che non può togliermi questa maledetta leucemia è sognare. Chiudo gli occhi e volo via da qui. Sono stanco, la terapia mi distrugge.
Giovedì 12 febbraio
Non so perché sto facendo questo diario, forse spero di poterlo rileggere un giorno, quando tutto questo sarà finito, per ricordarmi di quanto sono stato forte. Tutti hanno bisogno di un sogno, il mio è uscire vivo da qui e avere una vita normale. Sembra scontato per molti, ma quando sei in queste condizioni, in cui ti addormenti e non sai se il giorno dopo ti risveglierai, allora capisci che il semplice vivere è un dono immenso.
Oggi pomeriggio sono stato un po’ in giro per l’ospedale, sono riuscito addirittura ad arrivare ai distributori automatici davanti alla vetrata principale. Mentre ero lì ho visto una ragazza con un impermeabile giallo, aveva i capelli lunghissimi e biondi. Quando ho visto il suo volto tutto il mondo sembrava non avere senso. È la creatura più bella che io abbia mai sognato. Non sembra come le altre ragazze, è semplice, ma nella sua semplicità risuona qualcosa di magico. Vorrei conoscerla, ma con la mia malattia nessuno si avvicinerebbe a me, sto per morire, che senso avrebbe far soffrire una persona in più?
Venerdì 13 febbraio
Piove ancora fuori ed io sono sempre qui, ma oggi è successo qualcosa di incredibile: la ragazza di ieri è entrata e si è messa a giocare con i bambini del reparto. Era così dolce e premurosa con loro che quasi li invidiavo. Si è accorta di me dopo un po’. La cosa strana è che non si è spaventata vedendomi in pigiama e bianco come un cadavere, per la prima volta non mi sono sentito un mostro. Ricordo che quando i miei compagni di scuola vennero a trovarmi rimasero tutti inorriditi per il mio aspetto.
Si chiama Alice, ha 17 anni e sta facendo volontariato.
Siamo rimasti a parlare per circa un’ora del mondo, dei nostri sogni e delle speranze per il futuro, ma all’improvviso mi sono sentito crollare. È stata lei a chiamare aiuto. Che vergogna. Quando mi sono risvegliato lei era seduta accanto al mio letto e leggeva uno dei miei fumetti. Era così bella, tutta presa dalla lettura. Quando si è accorta che ero sveglio mi ha sorriso. Dopo poco è andata via, ma ha promesso che tornerà a trovarmi.
A volte la sera mi fermo a guardare fuori dalla finestra, sono al quinto piano dell’ospedale e posso ammirare una serie sconfinata di luci. Ci sono macchine, case e addirittura un mini luna-park. Quel turbinio di luci mi mette stranamente di buon umore. Spesso penso che chi si trova in questo reparto è come se vivesse in una specie di isola che non c’è, dove non esiste il tempo; ma lì fuori il mondo va avanti, le persone vivono, amano, soffrono. Siamo lontani da tutto e da tutti, vediamo sempre gli stessi operatori, gli stessi medici, si crea come una sorta di comunità del dolore. Solo alcuni di noi trovano un ponte con la realtà ed il mio ponte è Alice.
Sabato 14 febbraio
Oggi è San Valentino, ma cosa mi importa? Non ho nessuno a cui regalare dei cioccolatini a forma di cuore e nessuno li regalerà a me. I bambini del reparto si sono scambiati dei disegni, per un attimo mi sono sembrati i regali più originali e sinceri del mondo. Quanto vorrei chiedere ad Alice di uscire. Non credo che oggi verrà, forse ha un fidanzato.
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Alice è venuta a trovarmi! Non pensavo che l’avrebbe fatto e invece si è presentata con un ipod pieno di canzoni. Con lei sto riscoprendo la bellezza della vita.
Dice che tornerà lunedì. Già mi manca.
Domenica 15 febbraio
Piove anche oggi. Sono triste e stanco, l’unica cosa che vorrei è vedere Alice entrare in reparto e portare il sole in questa stanza così silenziosa. Oggi i bambini sono più tranquilli, a volte mi sembra che diventino improvvisamente tristi, non giocano, non ridono, come se prendessero coscienza della loro malattia.
Siamo abituati a sentir parlare di sofferenza, ma quando ci troviamo a contatto con essa tutto cambia. È come se il mondo subisse una distorsione, i colori non sono più così accesi, i pensieri non più così leggeri. La sofferenza ti cambia, ti apre gli occhi e ti permette di vedere le cose esattamente come stanno, senza filtri, senza restrizioni.
Mia madre oggi non è venuta, si è presa l’influenza ed ha paura di contagiarmi visto che le mie difese immunitarie sono diminuite. Dice che si sente in colpa, forse la colpa è mia che sono nato difettato. Dovrei chiederti scusa mamma anche per tutti quei disastri che ho combinato; o per tutte le volte che ti ho fatto aspettare in macchina quando venivi a riprendermi alle feste, sembrava così importante allora rimanere quei 10 minuti in più…
Mi manchi.
Lunedì 16 febbraio
A volte mi stupisco di come la felicità possa arrivare anche per uno come me, sono chiuso qui da giorni ormai, eppure oggi sono stato felice ed è grazie ad Alice.
Abbiamo visto una serie tv insieme. Mi è sembrato un sogno, all’improvviso quella stanza così asettica era scomparsa, era scomparsa la leucemia e anche la tristezza. Credo che lei sia la mia salvezza.
Giovedì 19 febbraio
Ormai non riesco neanche ad alzarmi dal letto. Mia madre sta impazzendo di dolore ed io non posso farci nulla. Con gli occhi socchiusi fingo spesso di dormire per sentire cosa dicono i medici, sembra che l’unica speranza sia un trapianto. Credo di aver spaventato Alice, ieri durante una mia crisi si è messa a piangere. Sapevo che sarebbe successo prima o poi.
Sabato 21 febbraio
Ho bisogno del trapianto. Dicono ci sia un donatore compatibile ogni cento mila persone. I miei genitori si sono sottoposti al test, ma non c’è compatibilità. Credo che non ci sia più nulla da fare. Ci hanno sempre insegnato che esiste un inizio e una fine per tutte le cose, ma quando hai diciassette anni è difficile accettare la tua di fine.
Alice non è venuta neanche oggi.
Lunedì 23 febbraio
Sto sempre peggio, ma non mi importa, oggi Alice è venuta in reparto. Credo di amarla. Credo di amarla così tanto che mi sento in colpa a farla venire a vedere questo schifo che sono diventato. Le ho raccontato tutta la storia del trapianto, ha pianto con me e siamo rimasti abbracciati fino a sera, poi l’infermiera ci ha detto che non poteva rimanere perché non fa parte della famiglia.
Giovedì 26 febbraio
Oggi il medico e la sua equipe hanno detto qualcosa riguardo al trapianto, sembra che abbiano trovato un donatore compatibile. Domani inizierà la procedura. Alice oggi non è venuta.
Lunedì 2 marzo
I medici dicono che adesso dobbiamo aspettare il così detto periodo di “attecchimento”, sembra che sia andato tutto bene. Alice non si è più fatta vedere da mercoledì, inizio ad essere preoccupato.
Giovedì 5 marzo
Oggi Alice è tornata, ma aveva un’aria strana e questo ha confermato il dubbio che non mi ha fatto chiudere occhio tutta la notte. Quando le ho chiesto se fosse stata lei a donare il midollo, non ha detto una parola, ma il suo sguardo diceva tutto. Fu un attimo e nei suoi occhi ho visto cieli, pianeti, il mio futuro e il suo amore. Non riesco a credere che lo abbia fatto.
L’ho presa tra le braccia e come un naufrago bacia la tanto desiderata terra, così l’ho baciata io, cercando di trasmetterle tutta quella gratitudine che non sarei riuscito mai ad esprimere a parole. Mi ha salvato la vita, lo ha fatto per me che ero solo uno sconosciuto, un ragazzo senza speranza. Non ho mai creduto ai miracoli, ma ora so per certo che qualcuno l’ha mandata per salvarmi da una terribile fine.
Venerdì 19 aprile 2019
Caro diario, sono guarito e finalmente posso avere un’esistenza normale. Sto ancora insieme ad Alice e credo proprio che non ci lasceremo mai, lei è la mia ancora di salvezza ed ogni giorno che la vedo non posso fare altro che sentirmi fortunato perché in lei ho trovato l’amore e la vita. Spesso mi sento un privilegiato quando ripenso ai bambini del reparto che ho lasciato in quel posto senza tempo, mi chiedo che fine abbiano fatto, magari anche loro hanno trovato un donatore. È passato un anno e sono riuscito a recuperare le assenze fatte a scuola, tra qualche mese mi diplomo e ho deciso di fare un viaggio con Alice, la porterò finalmente a Parigi.
Questa sarà l’ultima pagina del mio diario, perché da adesso comincia la vita vera, quella che va vissuta fino in fondo, perché le seconde occasioni non vanno mai sprecate. Voglio visitare città, nazioni, conoscere mille culture diverse, ma soprattutto vedere il mondo con gli occhi di chi resta.