Dietro le quinte della vita
Ore 13.00- Su una strada del mondo
‘Vorrei diventare una quercia per non ritrovarmi più faccia a terra nel fango ad implorare gli altri di restituirmi lo zaino.
Vorrei essere una statua per non farmi ferire dalle parole di carta incollate sul banco dalla saliva dei miei compagni.
Vorrei essere sordo per non sentire più la solita cantilena di benvenuto in classe.
Vorrei diventare invisibile.’
Di ritorno da scuola, Giovanni colleziona i ‘vorrei’ inanellandoli uno ad uno, plasmandoli dal fango delle sue paure di dodicenne che imbrattano il pezzo di cielo caduto nei suoi occhi.
Li schiera in fila come gli amati eroi che gli avevano tenuto compagnia fino all’estate scorsa prima di finire nello scatolone dei vecchi ricordi di bambino. Ma questa volta non c’è nessun uomo d’acciaio pronto ad usare la sua vista ‘calorifica’ per scaldare i cuori dei suoi compagni.
Nessuna tasca dimensionale in cui potersi rifugiare ogni giorno all’uscita di scuola.
Nessun mantello capace di proteggerlo dalle offese al vetriolo che turbinano intorno a lui.
‘La tua vita si è fermata nel passeggino?’- Traduzione diplomatica.
Avverte ancora quelle parole che gli impastano la bocca con un sapore amaro e pungente che si insinua fino al cuore, che sembra martellare nel petto al ritmo delle loro sillabe maledette.
Solo, con un cuore di panna e l’incertezza incollata sulla pelle, si aggira per le vie tirate a lucido dalla pioggia, con qualche frammento di elettricità a fargli compagnia nella volta celeste.
Solo, testa china e spalle curve, mentre alberi e case si rincorrono, saltella tra i gradini del suo pensiero che lo portano al di là di quel cielo plumbeo che sembra rubato da una cartolina autunnale, in cui latitudini e ore sono messe al bando, tra albe e tramonti, lande ignote e mari abissali, grida di gioia e risate fragorose, profumo di fiori e odori putridi.
Oltre il confine della paura.
Ed eccolo lì a rincorrere sogni fantasma e castelli di carta che sembrano dissolversi sotto le lacrime copiose del cielo.
‘Ma non ti vergogni di continuare a vivere?’- Insistono.
Questo grumo di sillabe che fa di nuovo capolino nei suoi pensieri è una lapide che sgretola la sua vita di adolescente e la fa affondare nel buio della sua cameretta.
È ora di scendere dalla giostra e tornare a fare a pugni con la vita degli altri.
E mentre sul fondo della sua anima il nastro si riavvolge attraversando, con la velocità di un fotogramma, tutta la sua vita, nel serpente di stelle avvolte dalle nuvole, lascia i sogni accartocciati che si disperdono nel fumo dei veicoli che urlano il loro passaggio.
‘Tu sì, tu no’- Un re e una regina della classe si nascondono dietro le fotocamere dei loro smartphone senza nemmeno saperne il perché.
E, con l’ombra al suo fianco vestita di notte, si ritrova a rimuginare nomi che corrispondono a personaggi di un racconto silenzioso e mai dimenticato, rigirando quelle parole di umiliazione come i grani di un rosario.
Come se si potessero riporre in soffitta le proprie ferite senza lasciar andare un pezzo di noi!
Dall’angolo della sua vita di adolescente vede un mondo rovesciato rispetto alle insegne luminose che si riflettono negli occhi di pietra degli altri.
‘Scusate se esisto’- Le parole sgocciolano nel grigio del viale, senza un dove preciso.
Nel freddo abbraccio della sera la tristezza scorre sul ciottolato e gronda dai marciapiedi scatenando un piccolo temporale estivo sul suo viso di cera.
Lacrime che lavano via le tracce delle comete che impreziosiscono la sua iride. Dove ripescare quel blu?
Nel mondo intossicato dal pregiudizio universale?
O nelle note di dolore che vibrano nell’aria gelida?
Come un satellite che volteggia sul solito fazzoletto di cielo, il ragazzo dei ‘mille grazie’ e ‘scusa’ continua a comporre passi che si sovrappongono gli uni agli altri, mentre i piedi lo portano a casa.
Tra i tanti interrogativi che affollano la sua mente l’unica parola che affiora è ‘paura’.
Cinque lettere e gli anni di rabbia sorda non possono mettere in pausa la vita.
È la fine? La fine dell’inizio.
Mentre la sua ombra tratteggia i contorni dell’uomo che sarà, mette ai piedi tutte le paure e comincia a rincorrere le sue fragilità per sorpassarle.
Non importa se dopo cento metri il suo cuore martellante chiede pietà.
Non importa se lo credono perfettamente sbagliato.
Corre. E vive. E tanto basta.
Con la speranza tatuata nell’anima, i suoi occhi non annegano più nei frammenti di vita di piccole persone in piccole finestre, ma si proiettano sul futuro.
Sul suo futuro.
E se la determinazione sta al coraggio come l’incoscienza alla sfrontatezza, è ora di rialzare la saracinesca.
Un po’ ragazzo, un po’ bambino, ma molto sognatore, varca la soglia di casa appendendo al chiodo le sue debolezze.
Con le tasche colme di abbracci mancati e frasi non dette, lascia la frizione e…
parla.
E inizia ad essere l’eroe di sé stesso. E impara a ridere, a piangere, ad assaporare la vita guardando il mondo che scorre intorno.
E se la fabbrica di sogni è a corto di idee, la sua mente analitica da matematico in erba gli suggerisce che ‘il coraggio è la paura che preme il pulsante rosso.’
È una crisalide che vestendosi di tenacia diventa signora dei cieli.
È andare oltre la siepe. Dietro le quinte della vita.
‘Voglio essere più forte del mio traguardo, più testardo dei miei limiti.
Perché il pensiero vince sempre sulla clava. Perché ogni vita conta.
Perché ‘io’ conto.’
Tema: Fragilità
Autore: Alessandra Rosati
Cod. 37